GLI STATI D’ANIMO: la fonte di ogni comportamento

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GLI STATI D’ANIMO: la fonte di ogni comportamento

Nell’agosto del 1977 calò il sipario sulla vita del più famoso e osannato cantante di tutti i tempi: Elvis Presley, il re del rock and roll. In confronto a una vita così piena di successi, la sua fine è stata la più misera e degradante che ci si potesse mai aspettare. A soli 42 anni, un mito per tutto il mondo morì per un’overdose di una miscela terribile di medicinali e droghe. Tutti rimasero attoniti per la notizia; dopo un pò iniziarono a venire a galla i particolari del tipo di vita che, ormai da tempo, la rockstar conduceva tra un concerto e l’altro.

Ogni notte, prima di andare a dormire dopo una serata meravigliosa trascorsa in mezzo ai suoi fan, Elvis chiedeva automaticamente “il solito”, ossia la prima “dose”, un mix di barbiturici seguito da una serie di iniezioni, sotto le scapole, di Demerol, un preparato oppiaceo di origine sintetica.

Subito dopo, il suo staff, operativo 24 ore su 24, gli propinava il solito cibo da lui richiesto: diversi hamburger e numerosi banana split, che a volte venivano ingurgitati così avidamente dal cantante da costringere i suoi assistenti a sfilargli il cibo dalla trachea per evitare che morisse soffocato. Poi aspettava che il sonno avesse il sopravvento su di lui. per 4 ore, non di più. Giusto il tempo di riposare un poco, risvegliarsi e chiedere la “seconda botta”, dopo essere stato fisicamente trasportato in bagno dai suoi uomini.

Dopo un pò Elvis era talmente intontito da non essere in grado di chiedere, se non con lo sguardo implorante, la “terza botta”, quella che chiudeva definitivamente la nottata.

Ci si è sempre chiesti come mai un uomo adorato da cosi tanta gente, acclamato in tutto il mondo, a volte persino idolatrato potesse sprecare la sua vita fatta di applausi, di successo e di consenso, tra alcol, droghe e barbiturici.

Elvis era diventato un vero esperto nel trovare tra i suoi riferimenti dolore e sofferenza; non riuscì mai a scoprire la vera felicità, e per cercare di sopperire a questa grave mancanza aveva deciso di bere, di fumare e di mangiare troppo, come per rifugiarsi in qualcosa di più gratificante, fino a trovare in queste cose il vero e definitivo oblio.

Com’è possibile che un uomo che aveva tutto dalla vita, fama, successo, denaro, bellezza e notorietà abbia potuto fare una fine così triste e misera? A Elvis non mancava niente, tranne una cosa:

la capacità di gestire i propri stati d’animo. Ed ecco come una vita con uno straordinario potenziale di gioia e soddisfazioni si è potuta trasformare in un’esistenza piena di dolore, di sofferenza e di trasporto verso le emozioni distruttive.

Riflessione: non sono le circostanze a determinare come siamo e ciò che abbiamo. Non è ciò che abbiamo a determinare ciò che facciamo e quindi le persone che siamo, ma esattamente il contrario.

Estratto dal libro “Leader di te stesso” di Roberto Re.

Nadia Aglianò

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